
Un post di anni fa del Man of Roma diede vita a un’interessante conversazione sul significato della parola “cultura“. Devinder, Lichanos, Andreas Kluth, il Commentator, Paul Costopoulos, Sledpress, Rosaria, Zeusiswatching e altri vi parteciparono attivamente.
Essere “colti” – dibattemmo – che senso ha oggi? Perché nei paesi di lingua inglese l’uomo di cultura richiama alla mente “élite ammuffite e super abbienti che conversano nei salotti?” (Lichanos), mentre è una cosa ancora apprezzata in Italia, Francia o Germania (Man of Roma, Andreas Kluth)?
A prescindere da ogni possibile snobismo ed elitarismo europeo, l’essere “uomini di cultura” non è poi tanto male a mio parere se tale cultura o conoscenza può essere estesa il più possibile alla gran parte delle persone, che oggi non toccano un libro manco se gli spari e guardano solo le serie TV (che guardo anch’io) mentre potrebbero comprare una biblioteca che un tempo solo i re potevano permettersi, il che è un po’ un fallimento per me, della scuola e di tante altre cose, non perché credo che solo il libro ‘possa dare cultura’, ma insomma, se una ragazzina di 15 anni invece di guardare solo la TV si legge Anna Karenina io credo che un salto mentale lo faccia, un salto credo irreversibile.

Non molto tempo fa i marxisti, nella loro follia utopistica, desideravano l’uomo totalmente sviluppato per tutti, che Antonio Gramsci adattò con il suo concetto di Leonardo da Vinci di massa, che ho sempre trovato affascinante (A. Gramsci, Lettere, Einaudi, 1965, p. 654)
Fine del Leonardo moderno?
Il problema, oggi, è che un Leonardo moderno (di massa o non di massa) è meno praticabile perché sappiamo molto di più in tutti i campi dello scibile, e i campi stessi si sono addirittura moltiplicati.
Ne consegue che i grandi guru o maîtres à penser (gli influencer sono un’altra cosa) che forniscano ‘the big picture’ (il grande quadro di cui le persone hanno sete) stanno scomparendo, e l’enorme successo tra i millennials del mondo di un tuttologo come Yuval Noah Harari ne è, io credo, la riprova.

Ok, si dirà, stanno scomparendo i maîtres à penser: cosa arriva al loro posto?
La specializzazione.
Un ortopedico non sa quasi nulla del fegato o del cuore, un matematico non capisce la differenza tra un neutrino e un neutrone, e un filosofo che potrebbe essere un’ancora nel marasma spesso non sa nulla di scienza, il che lo pone a mio avviso fuori gioco.
Sarà un caso che, con il declino sia delle religioni tradizionali (almeno in Occidente) sia di visioni laiche d’insieme, molti giovani siano preda di false speranze, di ideologie estreme o del vuoto, del nichilismo, e non sappiano più raccapezzarsi? La confusione, l’edonismo privo di senso (l’edonismo è Ok, ma ci vuole la zucca e anche l’etica), l’ignoranza che nutre le bufale e le bufale l’ignoranza ecc. fanno sì che molti cadano anche nelle mani di culti che diano un “senso” al tutto, vedi negli USA organizzazioni come Scientology e altre (Scientology pare sia in declino).
Sempre meno guru, sempre meno maestri che indichino la strada. La tendenza è davvero inevitabile?

Nel prossimo post vi tradurrò una bella conversazione (qui l’originale) a cui partecipai nel blog di Lichanos, Journey to Perplexity.
In essa Lichanos, Devinder ed io dibattemmo proprio sulla possibile fine del Polymath, colui che sa tanto di molti campi dello scibile, non però come flirt qua e là ma come amori profondi, passionali (e compresenti).
Il polymath è dunque un polyamorous, dedito al poliamore.
In parole nostrali, è un Dongiovanni della cultura. A tutti gli effetti 😉
Secondo me la specializzazione, che è naturale via via che ci si moltiplica e ci si approfondisce, fa più male che bene. Anche a me manca molto uno che sappia tradurre the big picture in un linguaggio universale 😦
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Ce ne sono di queste persone che ti danno il big picture. Sono però sempre meno. Harari è uno di questi, ma ognuno deve trovare quello / quelli che rispondono alle sue intime esigenze. Per me anche i filosofi vanno bene, solo però se si compenetrano con la scienza, altrimenti sono chiacchiere al vento.
Mia opinione, ovviamente. Grazie del passaggio, Lucy (nome peraltro del famoso reperto A.L. 288-1 😉).
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Non basta che un 15enne legga Anna Karenina, bisogna anche che lo capisca.
Comunque io credo che la cultura sia la nostra ultima ancora di salvezza, vedremo.
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Sono stato insegnante di lettere per più di 15 anni. Ogni mese i mei allievi di 14-15 anni dovevano leggere un libro tra una rosa molto ampia che avevo fatto acquistare dalla scuola.
Tra questi testi c’era Anna K. I risultati furono abb. buoni. Non così con le mie figlie, che si rifiutarono di leggerlo 😂.
Errata corrige. Mia moglie dice che l’hanno letto. Vabbè.
Ogni vero grande autore credo sia universale. Quindi comprensibile, to a certain extent, ovviamente 🙄😊
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Mio figlio ne deve leggere per la scuola 5 all’anno, e fa una fatica abissale. Ovviamente i libri extra-scuola non vengono neppure presi in considerazione.
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Oggi è sempre più difficile leggere. Quando insegnavo io, negli anni ’80 e ’90, non c’erano gli smartphone e i social. C’era però massiccia la televisione, più di adesso.
Credo di aver avuto un certo successo (moderato) nei miei “consigli” di lettura (era un obbligo) perché sceglievo i testi che mi avevano colpito da adolescente. Avevo più femmine che maschi e Anna Karenina funzionò con le ragazze perché il tema di fondo è l’amore.
Una alunna, con occhi scintillanti, mi disse che non aveva mai letto niente di più bello. Si riferiva la scena in cui Lèvin vede Kitty, se non sbaglio, che pattina sul giaccio. L’amore è un sentimento che abbiamo tutti. Vederlo descritto da un grande artista può facilmente coinvolgerci. I maschi erano invece molto attratti da Verne.
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Fra i libri letti a scuola, I Promessi sposi erano davvero una pizza … però nel rileggerlo dopo con tutta calma, l’ho trovato bellissimo e commovente.
Qualche volta è anche colpa dei professori ( certamente Giovanni non è il tuo caso! Con te sarei stata un’allieva modello 🙂 ) che fanno fare delle analisi troppo approfondite della lettura. Va bene cercare di far capire bene il testo, ma soffermarsi ad ogni parola e volerci tirar fuori un romanzo, farebbe passare la voglia anche al lettore più accanito!!!
Comunque ora e sempre W la lettura!!!
Ciao caro Giovanni!!!! 🙂
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Ciao, Vitty! (e grazie del passaggio).
Non ho mai fatto fare l’analisi del testo dei romanzi che davo da leggere (leggevo loro le parti belle, questo sì), anche se ai miei tempi era molto di moda. Per me contava che l’alunno imparasse ad “apprezzare” la lettura, ad immedesimarsi nei personaggi vedendo nelle loro gioie e dolori le proprie. Non è impossibile, con l’approccio giusto, che un adolescente scopra nei romanzi degli amici, che lo possano accompagnare in un’età difficile.
Analisi del testo, dicevi. Per me era come se a un bambino piccolo che non ha ancora mai gustato il gelato tu gli spiegassi prima o mentre lo assaggia per la prima volta la composizione chimica del gelato stesso. Lo aiuti ad apprezzarlo? Non credo. Certo, se l’educatore è un grande ispiratore, il bambino magari ti diventa un grande chimico, ma in generale, per come la vedo, l’approccio alla bellezza, agli oggetti artistici deve essere innanzitutto spontaneo. Poi dopo ci si può riflettere, si può analizzare ecc., ma deve essere prima scattato qualcosa.
Scatta credo per contagio: il libro bello può contagiarti, ma anche il professore. Voglio dire, se il professore ama i testi (sceglievo i testi che amavo) e la lettura, l’amore è facile che “passi”. Every art is taught by example, ogni arte si insegna con l’esempio, diceva Muzio Clementi.
Nel mio piccolo leggevo agli studenti Dante (che traducevo un po’ in italiano moderno durante la lettura) e siccome allora, di Dante, avevo proprio la fissa, non puoi immaginare quanto, quella passione passava in molti di loro. Sì, l’esempio è importante. Questo vale anche per i genitori. Ma sto ampliando troppo il discorso.
Un abbraccio carissima Vitty!!! 💖
(e buona giornata)
Giovanni
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Ciao stavo leggendo il tuo articolo, mi è venuta in mente una battuta letta da qualche parte, che anche i cretini si stanno specializzando.
La lettura richiede fantasia, immaginazione, partecipazione attiva. Molto più semplice guardare una serie televisiva.
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In effetti la specializzazione eccessiva porta ad una specie di ‘cecità’, io credo. La partecipazione attiva, dici. Ed è per questo infatti che la lettura aiuta a formare la mente, secondo me. Purtroppo in Italia siamo agli ultimi posti nel mondo quanto a lettura. Secondo i dati del World Culture Score Index 2018 questa è la graduatoria della lettura (non ho capito bene però lettura di cosa, e la lettura include anche leggere online e su supporti come Kindle):
1. India: 10 ore e 42 minuti a settimana
2. Thailandia: 9:24 ore
3. Cina: 8:00 ore
4. Filippine: 7:36 ore
5. Egitto: 7:30 ore
6. Repubblica Ceca: 7:24 ore
7. Russia: 7:06 ore
8. Svezia: 6:54 ore
9. Francia: 6:54 ore
[…]
21. Canada: 5:48 ore
22. Germania: 5:42 ore
23. USA: 5:42 ore
24. Italia: 5:36 ore
25. Messico: 5:30 ore
26. U.K.: 5:18 ore
Da cui risulta che, se è vero che la lettura forma la mente, Cina e India cominciano, anche in queste cose, a sopravanzare tutti (e sono quasi 3 miliardi di persone!). Mi sa che dobbiamo cambiare i nostri parametri di giudizio.
Che, a parte la Francia, i paesi economicamente avanzati del G7 siano piazzati male, cosa significa? Non lo so. Forse culturalmente evolviamo, attraverso le nuove tecnologie, verso qualcosa di diverso. Sarà un bene o un male per la mente? Non lo sa nessuno, immagino.
Fonte:
http://www.mondoallarovescia.com/dove-si-legge-di-piu-nel-mondo/
http://chartsbin.com/view/32136
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La scuola mi ha insegnato ad odiare i libri, poi come può capitare nella vita ho conosciuto una persona che aveva una sua biblioteca personale che non ha nulla da invidiare a quelle pubbliche, ed ha iniziato a prestarmi i suoi libri, libri che contenevano risposte ai miei dubbi del momento, ho letto autori che mai e poi mai la scuola mi aveva nemmeno accennato dell’esistenza .
Ti faccio due esempi Bertrand Russell, Jacques Monod ( amici biologi non sapevano nemmeno chi era, intanto un premio nobel ).
Ho letto da qualche parte ( sono sicuro ) che i giovani di oggi sono meno intelligenti (in generale )
A mia figlia ho trasmesso la passione per i libri, altro non posso fare, mento, impresto sempre a chi me lo chiede i mie libri.
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Mi dispiace che la scuola abbia avuto su di te questo effetto. Beh, fai bene a prestarli i libri (anche se io, confesso, ne sono un poco geloso), e ti sei comportato bene con tua figlia, avendole passato questa tua passione.
Gli incontri nella vita sono importantissimi (quelli positivi, ovviamente). Nei primi vent’anni incontrai a Roma un ragazzo molisano geniale che un poco ha cambiato la mia esistenza.
Buon pomeriggio. Giovanni
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